Nessun periodo come quello che precede il Natale ci fa vivere l’esperienza dell’attesa. È un’attesa carica di gioia, di sensazioni positive che dovremmo richiamare alla mente tutte le volte in cui l’attesa per noi diventa sinonimo di preoccupazione, disagio
Viviamo infatti in un mondo in cui aspettare ci rende nervosi, insofferenti, ansiosi perfino; l’attesa ci sembra una perdita di tempo. Eppure, tutta la nostra esistenza si compone di piccole grandi attese.
L’attesa è una condizione che dovremmo riconsiderare fino a ritenerla un’occasione di godimento, un momento prezioso, un valore. Pensare alla bellezza delle parole a volte aiuta: è il caso del verbo attendere che deriva dal latino ad-tendere, tendere a, aspirare, mirare. L’attesa implica una tensione verso qualcosa e può potenzialmente essere un piacere, quando è associata a un desiderio, a prescindere dalla sua realizzazione.
Attendere e desiderare sono due momenti molto spesso collegati, specie se pensiamo ai bambini. I bambini aspettano con gioia, per esempio, la lettura di una storia della buonanotte, e l’aspettano ogni sera, magari sempre la stessa storia, ma con un senso di attesa che non smette mai di essere desiderio e che mai si traduce in noia. Attendono la visita di un nonno, il giorno del loro compleanno, l’inizio delle vacanze. I bambini, al contrario di noi adulti, non sono del tutto consapevoli del peso dell’attesa, fino a quando non siamo proprio noi adulti ad inculcarglielo, schiacciati dai nostri ritmi frenetici.
Tutti i giorni, entrando in classe con la mia cartella carica di libri, provavo il piacere di leggere l’attesa negli occhi dei miei alunni. Era già scritta lì la domanda “E oggi che libro ci hai portato?”. E l’attesa era anche la mia, di sentirmi rivolgere quella domanda. In quel momento attesa e desiderio erano tutt’uno, una condizione di piacere che predisponeva loro all’ascolto e me alla lettura, dono da condividere.
Ma attendere non è un fatto innato: è qualcosa che va appreso. Bisogna imparare ad attendere, ad attendere e desiderare. Per apprezzare, noi adulti per primi, le mille opportunità che un momento vuoto, sospeso, di attesa, appunto, ci può regalare.
Ma si può insegnare l’attesa? Anche in questo caso ci vengono in soccorso gli albi illustrati. Uno dei più belli a mio parere è Se vuoi vedere una balena, scritto da Julie Fogliano e illustrato da Erin Stead (Babalibri), albo poetico che incanta con i suoi colori sfumati, e con poche parole, quelle giuste, ci fa percorrere il sentiero dell’attesa. Ci invita all’attenzione questo albo, a osservare con pazienza, ad attendere desiderando. E per tutto questo ci vuole del tempo:
Del tempo per aspettare
Del tempo per guardare
Del tempo per pensare se quella è una balena
Un altro invito ad aspettare e a rallentare i nostri ritmi sostenuti ci viene da Antoinette Portis e il suo albo Aspetta (Il castoro), nel quale la richiesta è espressa da un bambino alla sua mamma, mentre percorrono, con una fretta evidente, la strada che li porta alla stazione.
È il bambino che senza averne consapevolezza, insegna a sua madre ad allenare lo sguardo, a soffermarsi sulle piccole cose e sul loro valore. Un albo tenero che sa parlare ai bambini e agli adulti con uguale essenzialità, profondità e chiarezza.
Un altro albo che racconta di attese e di desideri in un modo che tocca il cuore e non può lasciare indifferenti, è quello di cui vi parlo adesso, albo che ho utilizzato per un lavoro molto interessante in occasione del Natale. Si tratta di Io aspetto di Davide Calì con i disegni del grande Serge Bloch.
È un libro che ha, direi, implicazioni filosofiche, un viaggio nell’esistenza di ogni essere umano con tutto ciò che di gioioso, delicato, ma anche doloroso, ogni tappa ci presenta. Le illustrazioni in bianco e nero, minimali e scarne, a volte ironiche, ci guidano nei vari momenti della vita e punteggiano le pagine attraversate da un filo rosso che diventa parte integrante dell’immagine, così come di ciò che viene raccontato.
L’albo si presenta con un formato insolito, come una busta, e dove dovrebbe trovarsi il destinatario si affaccia il protagonista, che ci invita in questo straordinario viaggio di attese e desideri. Un libro che suscita emozioni forti nei lettori di qualunque età. Non ve lo perdete! Io l’ho utilizzato nel modo che ora vi descrivo.
All’interno del libro, tra i vari momenti di questo viaggio sul filo rosso della vita, c’è anche l’attesa del Natale e io ho pensato, proprio in questa occasione, di raccogliere alcuni desideri e attese dei bambini, espressi liberamente, e di realizzare poi un libro pressoché identico all’originale, con lo stesso formato, gli stessi colori e uguale essenzialità nel disegno. Sulla copertina, al posto del bambino, il ritratto personale di ogni alunno e il proprio nome e cognome nello spazio destinato ad autore e illustratore.
Unica variante, dettata dall’impossibilità di stampare il filo rosso, un filo di lana dello stesso colore, incollato nelle varie pagine, che ha finito per dare maggiore valore e spessore al libro finale. I bambini hanno scritto, disegnato e poi condiviso tra loro, usando sempre la massima cura, non solo per l’oggetto libro che stavano realizzando, ma soprattutto per ciò che di personale il libro conteneva. Con orgoglio posso dire che è stato un gran bel lavoro apprezzato anche dall’autore Davide Calì. Ma il risultato più importante è stato riuscire a scavare nei propri desideri e nelle proprie attese, riconoscendo e dando voce a parti preziose di sé.
È questa la scuola che mi piace!
Angela Malcangi