
Quando Stefania Liverini mi ha invitata a partecipare alla presentazione del progetto “Crescere con la Bellezza. Conversano, Arte, Cura e Infanzia”, non ho avuto esitazioni: sapevo che sarebbe stata un’occasione preziosa per ascoltare alcune delle voci più autorevoli nel campo della pedagogia e della formazione. E così è stato.

Il 22 gennaio 2025, nella suggestiva cornice della Pinacoteca Paolo Finoglio di Conversano, si è svolto un incontro che ha saputo intrecciare riflessione e pratica, teoria ed emozione. Un evento promosso nell’ambito del sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita sino ai sei anni, con il sostegno della Regione Puglia, il Museo di Conversano e la Biblioteca Civica Marangelli, e che ha messo al centro un tema che mi sta particolarmente a cuore: la bellezza come valore educativo e trasformativo.
Per chi, come me, si occupa di didattica laboratoriale, promozione della lettura ed educazione ambientale, è stato illuminante poter ascoltare gli interventi di Monica Guerra, Alessandra Falconi, Antonia Chiara Scardicchio e Francesca Antonacci. Figure che non solo studiano e insegnano, ma che con il loro lavoro stanno contribuendo a ripensare l’educazione in Italia, restituendole profondità, senso e umanità.
La bellezza che educa e trasforma
Ci sono frasi che ti restano dentro, parole che risuonano anche dopo che l’incontro è finito. Una di queste è arrivata da Antonia Chiara Scardicchio, che ha raccontato un piccolo episodio vissuto in una scuola dell’infanzia: due bambine si osservano e una dice all’altra, con la naturalezza tipica dei bambini: “Oggi sei vestita più bella di me”.
Sembra una frase innocente, quasi banale, ma in realtà racchiude una verità profonda: fin da piccolissimi impariamo a misurarci con lo sguardo degli altri, a confrontarci, a chiederci se e quanto valiamo. E quando questo confronto si nutre di competizione e insicurezza, può trasformarsi in esclusione, senso di inadeguatezza, persino in bullismo.
Ed è qui che l’educazione alla bellezza diventa cruciale. Non una bellezza estetica e superficiale, ma una bellezza che accoglie, che genera connessioni, che insegna a guardarsi e a guardare il mondo con occhi nuovi. Come ha sottolineato Scardicchio, educare alla bellezza significa aiutare i bambini e i ragazzi a sentirsi parte della bellezza del mondo, a riconoscere il proprio valore e quello degli altri senza bisogno di competere.
L’arte e la letteratura come strumenti di crescita
Anche Monica Guerra ha offerto spunti preziosi, sottolineando l’importanza dell’arte e della letteratura nel percorso educativo. “Non basta osservare un quadro o leggere un libro. Ciò che conta è il dialogo che queste opere instaurano con il mondo interiore di ciascuno”, ha detto.
Questa frase mi ha fatto riflettere sul mio lavoro nella promozione della lettura. Non basta proporre un libro, bisogna creare lo spazio per viverlo. Bisogna lasciare che le storie prendano forma dentro chi legge, che diventino occasione per immaginare, mettere in discussione, scoprire nuove prospettive.
Francesca Antonacci ha rafforzato questa idea, parlando del potere della narrazione: raccontare e ascoltare storie ci aiuta a costruire senso, a riconoscerci nell’altro, a dare nome alle emozioni. Oggi, in un mondo in cui tutto è veloce e frammentato, la lettura può essere un atto di resistenza, un modo per restituire ai bambini e ai ragazzi il tempo della riflessione, dell’approfondimento, dell’empatia.
Eppure, sempre più spesso vediamo giovani che fanno fatica a gestire compiti aperti, che si sentono smarriti di fronte a domande senza una risposta univoca. Perché? Perché li abbiamo abituati a cercare la risposta giusta, non a esplorare possibilità. Premiare il processo anziché il risultato, come suggerisce Guerra, è una strada che dovremmo percorrere con più convinzione.
Riscoprire la manualità per riconnettersi al mondo
Un altro tema che mi ha colpito profondamente è stato quello della manualità nell’educazione. Oggi i bambini hanno sempre meno occasioni per sperimentare il “fare con le mani”: costruire, modellare, piantare un seme, suonare uno strumento.
La crescente dipendenza dalla tecnologia sta progressivamente cancellando queste esperienze, con conseguenze che vanno ben oltre la creatività: si perdono capacità cognitive, si riduce la memoria, si abbassa la soglia di attenzione. Su questo punto mi sento particolarmente coinvolta, perché nei laboratori di educazione alla sostenibilità che porto avanti, cerco sempre di mettere al centro l’esperienza diretta. Toccare la terra, seminare, osservare i cicli della natura non è solo un’attività educativa, è un modo per recuperare il senso del tempo, della trasformazione, del legame con il mondo che ci circonda.
Scardicchio ha offerto un’immagine potente per descrivere l’educazione: il bosco. Entrare nel bosco è un’esperienza che può spaventare, perché significa affrontare l’ignoto, accettare la possibilità di perdersi prima di ritrovare la propria strada. Ma è proprio questa incertezza a renderci più forti, più creativi, più capaci di immaginare soluzioni. Un’educazione che funziona non offre scorciatoie, ma accompagna nel viaggio.
Conclusioni: un’educazione che apre possibilità
L’educazione alla bellezza è un percorso che va coltivato, perché ha il potere di plasmare individui più consapevoli, empatici e creativi. Significa offrire strumenti per affrontare il futuro con curiosità, sensibilità e coraggio. E in un’epoca in cui è facile concentrarsi su ciò che manca, è ancora più importante imparare a riconoscere e costruire bellezza, ovunque sia possibile.
